Non tutti sanno che questa pianta, così caratteristica, può essere "maschio o femmina"; essa si trova infatti in due varietà largamente diffuse: la forma selvatica, detta impropriamente cipresso femmina (o cipressa), varietà horizontalis che ha rami senza punta e chioma irregolare e piuttosto aperta, e la varietà derivata dalla coltura, nota come cipresso maschio (pyramidalis), con rami molto aderenti al tronco, tali da formare una chioma affusolata, che è ben riconoscibile anche a grande distanza.
Se in molte parti d'Italia viene impiegato per abbellire i parchi e la quiete dei cimiteri, in Toscana, ora isolato, dritto e severo contro l'orizzonte quasi "vigile sentinella sul poggio", ora in file ordinate lungo un viale, all'incrocio di strade o di viottoli campestri, a fianco di ville, pievi o semplici case poderali, costituisce un elemento inconfondibile del paesaggio. Lungi dall'essere solo un elemento ornamentale, è utile come frangivento e fornitore di legno di gran pregio e di grande resistenza. I frutti contengono un olio essenziale ricco di sostanze attive, tra cui il tannino: viene utilizzato in farmacologia.
Il cipresso è molto longevo, può superare anche i mille anni di età, ma di solito non raggiunge i 20-25 metri di altezza. La sua longevità, la sua forma assimilabile a quella di una fiamma, il suo legno resistente, la chioma sempreverde, ne hanno fatto un elemento presente nella religiosità di molti popoli antichi, come simbolo di vita e di morte, da collocare nei luoghi consacrati. Secondo alcuni autori, proprio da antiche usanze discenderebbe la presenza del cipresso come simbolo vitale a fianco delle case, intorno a un'immagine sacra o un cippo commemorativo, come sul poggetto di Montaperti, ove nel 1260, ghibellini senesi aiutati dagli esuli di Firenze annientarono l'esercito guelfo fiorentino. Ancora, si erge solitario nei campi a segnalare un bivio o un limite poderale, e rappresenta un punto di riferimento per il viandante.
In anni recenti questo simbolo del paesaggio toscano è stato attaccato da un fungo (Coryneum cardinale), forse portato dall'America durante la seconda guerra mondiale, tramite le cassette di legno che contenevano le munizioni, e da un afide (Lacnus cupressi) che ne succhia la linfa e che si è rapidamente diffuso. I rimedi che la scienza mette a disposizione sono solo parzialmente efficaci e le piante moribonde sono numerose, ma la lotta per salvare il cipresso è già cominciata; c'è da sperare che sia vinta prima che sia troppo tardi.