La crisi non c’entra. Più che allo spread, la diffusione di questa nuova filosofia è dovuta all’evoluzione del nostro modo di vedere la natura in città. Non più parchi e giardinetti come oasi verdi separati dall’asfalto, né siepi e aiule come commenti meramente estetici, ma spazi verdi come strumento di coesione sociale. Con una responsabilità ecologica ed economica decisamente nuova. Lo raccontano - a fatti, oltre che a parole - sette paesaggiste: Elena Grandi, Gaia Chaillet Giusti, Cristina Mazzucchelli, Elisabetta Margheriti, Margherita Brianza, Elisabetta Cereghini e Vittoria Tamanini. Sette landscape designer donne (e cosa c’è di più femminile della concertazione e del pragmatismo alla base di questa nuova visione?) proiettate a livello internazionale.
Verde 2.0, istruzioni per l’uso - Dimenticate il giardino romantico, le rose, le camelie, le gardenie, le aiuole variopinte, le zinnie, gli astri, i bulbi in fiore, il giardino minimal e i suoi cespugli architettonici.
Scritto da Laura Traldi Foto di Federico Ciamei
Verde 2.0, istruzioni per l’uso. Dimenticate il giardino romantico, le rose, le camelie e le gardenie. Dimenticate le aiuole variopinte, le zinnie, gli astri e i bulbi in fiore. E cancellate il giardino minimal, con i suoi cespugli architettonici. Segnatevi invece questi nomi: buddleja, epatorum, verbena. Gli ingredienti-base per il verde all’avanguardia sono piante facili da reperire e curare, a bassissimo consumo idrico. Qualcuno cercherà di dissuadervi dicendovi che sono erbacce: in teoria ha ragione, ma non importa. Il futuro del verde sostenibile nelle città sarà, grazie alle erbacce, un po’ selvaggio, diffuso, condiviso e soprattutto low cost.