Partiamo dal presidente di Stamina Fondation, Davide Vannoni e Marino Andolina suo socio, i due protagonisti delle contestate cure con le staminali: Il primo è professore (associato) di Psicologia della comunicazione a Udine, torinese di 44 anni; il secondo invece è un cognitivista con il pallino delle neuroscienze, 67 anni romano.
La professione dei due non deve essere una pregiudiziale, ma è importante per capire un primo punto per il quale "la scienza ufficiale" comincia ad avere dei problemi di digestione. Una cosa è certa i due sono "scienziati" solo per "hobby"; certo chiunque può fare una scoperta scientifica, ma la credibilità da parte della comunità scientifica parte dalla base di cultura "scientifica" -che dovrebbe essere molto più ampia- dei ricercatori.
Davide Vannoni, ha l’idea nel 2007, a quel tempo ha un’azienda di ricerche di mercato, avvia le pratiche come per qualsiasi prodotto anziché come una cura medica. Dopo l’entrata in vigore della disciplina europea del 2007 sulle terapie con staminali -a San Marino- il metodo viene pubblicizzato da depliant che parlano di «oltre mille casi trattati, un recupero del danno dal 70 al 100 per cento (90 ictus con 72 recuperi), una gamma di una ventina di malattie trattate» iniziano a circolare video che mostravano «un ballerino russo affetto da parkinson che si alzava dalla carrozzella e tornava a ballare», «una giovane paralizzata dalla SLA che riprendeva a camminare», «un uomo che guariva da una grave forma di psoriasi alle mani».
Generalmente un ricercatore con un’idea esegue dei test sugli animali, pubblica su importanti riviste i suoi risultati ed avvia le pratiche legali per lo studio sugli esseri umani. Davide Vannoni salta i test sugli animali -in base a convinzioni poco scientifiche di "similitudine" verso metodi già utilizzati "in ucraina"- tiene tutto segreto -perché pensa di brevettare personalmente- ed inizia ad "operare" nella repubblica di San Marino e in alcuni ospedali italiani, in particolare con quello di Brescia.
Tenendo conto che anche la devitalizzazione di un dente, si può praticare, perché possiede una autorizzazione medica (della comunità scientifica, dell’università competente e del ministero competente) senza entrare nel "segreto" del metodo è chiaro che dal punto di vista, quanto meno, "legale" ci siano dei problemi.
A quanti dicono che se il metodo è stato accettato dal dottor Marino Andolina e da tutta la sua equipe all’ospedale di Brescia vuol dire che qualcosa di valido c’è, si può tranquillamente rispondere che "qualcosa di valido" non è sufficiente e il verbo "accettato" è eccessivo, perché nel caso specifico "il metodo" veniva praticato solo come cura compassionevole; inoltre agli inizi 2013 l’uso è stato sospeso in seguito a un’ispezione dei NAS e dell’AIFA, in cui vengono rilevati il mancato rispetto dei requisiti di sicurezza e igiene e la carenza nella documentazione prescritta dalla legge.
Un’altro punto importante da considerare è che la richiesta di brevetto è stata bocciata ancora nel 2012 -non nel merito- ma perché gli incartamenti non erano adeguati. Nel 2013 il protocollo richiesto dal ministero per deliberare la sperimentazione non è stato accettato -non nel merito- ma perché gli incartamenti non erano adeguati.
Ora dopo 5 anni -dal 2007 al 2012- non avere ancora pubblicazioni, appunti adeguati e non aver ancora pensato ad un protocollo, nella "comunità scientifica" significa qualcosa. Operare con "medicina" o "trapianti" -perché ancora non si è capito- senza queste basi, significa qualcosa.
Da qui -sotto la pressione dell’opinione pubblica- operano la Magistratura e il Ministero, la prima con la solita lentezza e il secondo in particolare accettando un protocollo -dopo quasi un anno dal primo rigetto- nonostante comunque risulti imperfetto. Conseguenza è che la sperimentazione parzialmente avviata, viene subito stoppata dal comitato scientifico incaricato.
Per finire l’attualità: Davide Vannoni aveva presentato ricorso il 27 settembre contro il comitato, giudicandolo non imparziale, essendosi molti esperti già pronunciati preventivamente contro il controverso metodo terapeutico a base di staminali del midollo. L’ufficio legale del ministero è al lavoro per valutare le azioni da intraprendere, così come l’Avvocatura dello Stato, coinvolta nella decisione del Comitato che stoppava il prosieguo della sperimentazione.
Il Tar scrive che è "ammissibile" il ricorso di Davide Vannoni sulla presunta non imparzialità del comitato scientifico che ha valutato il metodo Stamina: esiste un sufficiente fumus, "non essendo stata garantita l’obiettività e l’imparzialità del giudizio, con grave nocumento per il lavoro dell’intero organo collegiale". Non basta, scrive il Tar, che non ci siano interessi economici in ballo: "tale indipendenza va intesa primariamente in senso ideologico (e dunque non necessariamente economico, come sembra affermare il Ministero nella memoria difensiva), e deve quindi concretizzarsi innanzitutto nel non approcciarsi alla sperimentazione in modo prevenuto, per averla già valutata prima ancora di esaminare la documentazione prodotta dalla Stamina Fondation".