Un malapropismo si può generare con scambi di prefissi: affettivo per effettivo; e, più frequentemente, di suffissi: adottamento per adozione; discrezionalità per discrezione; ostilazioni per ostilità; comprensibile per comprensivo; sollecitudine per sollecitazione; oppure l'aggiunta o il cumulo di morfemi: indispiacente per dispiaciuto; spensierato per pensieroso; strafila per trafila; tranquillizzanti per tranquillanti; o, ancora, incroci, come: incastronato, generato dalla sovrapposizione di incastrato e incastonato.
Sono strafalcioni, quindi malapropismi accidentali il classico dello studente che si scusa per il raptus invece che per il lapsus; come quello di chi non riesce a spiaccicare parola; la riforma pensionistica taglia fuori gli esondati; la conferenza è tenuta da un ottimo delatore; e il signore che incontriamo all'ospedale per il ketchup annuale ci racconta che non si è sposato ed è ancora celebre.
Per il loro elevato potenziale caratterizzante, i malapropismi ricorrono nelle parodie dell'italiano popolare (si pensi a serie come aureola per arietta; stentorea per stentata; infestato per in festa; guerre intestinali per guerre intestine, pronunciate dal pittore ligure protagonista di Falso monetario nell'Idioma gentile del 1905 di Edmondo De Amicis), e più in generale, come detto, nei testi comici e satirici: basterà ricordare la celeberrima gag della scrittura a quattro mani della lettera in Totò, Peppino e la... malafemmina, film diretto da Camillo Mastrocinque nel 1956, in cui la prorompente vis comica deriva dall'accumulo di tratti semicolti, tra cui appunto spiccano i fraintendimenti lessicali (come laura per laurea e parente per parentesi). E ancora di Totò sono adire alle vie letali; ai postumi l'ardua sentenza; impiegati sparastatali; malcostume mezzo gaudio; lettera omonima. Odierna è la comicità che si basa su paronimismi di Anna Maria Barbera in arte Sconsolata con i suoi: Va-me-tecum dell'uomo ideale; ha fatto una frittata all'erba e vissero tutti felici e tossicotipendenti; mi è tornato a casa il figlio al prologo.
Utilizzati per fini stilistici ed espressivi tali scambi, invece, assumono il valore di una vera e propria figura retorica di parola (per variazione di forma), la paronomasia (dal greco paronomasìa = "alterazione di un nome"). Tale espediente abbonda nei testi teatrali, dalla commedia dell’arte all’opera buffa o semiseria sette-ottocentesca (spesseggia, ad esempio, nei libretti di Gioacchino Rossini), fino all’avanspettacolo, ma può movimentare in varia misura, e con differenti obiettivi, anche testi letterari e paraletterari (come le argute invenzioni elencate nel Prontuario d’italiese del 1967 di Ennio Flaiano: Saluti dalle pernici del Monte Bianco; si sono tutti alcolizzati contro di me; le zucchine mi piacciono trafelate; lo discuteremo in separata sedia; ha un completo di inferiorità), fino ad arrivare a costituire sofisticati giochi verbali del linguaggio pubblicitario (basterà rievocare, ad esempio, lo slogan di una nota compagnia aerea in voga qualche anno fa Vi voliamo bene) e a formulare ammiccamenti parodicamente allusivi (forse un po’ in calo negli ultimi anni) nella titolazione giornalistica (Il piacere è tutto mostro, «Panorama», 17 gennaio 1988).