Secondo i risultati, a fronte di un maggior consumo di agrumi (che sono del resto frutti invernali), c’è un minor consumo di verdure che contengono vitamina C, come pomodori, verdura a foglia larga, cavoli, broccoli e legumi in generale.
Dalla ricerca emerge che negli alimenti assunti in inverno, la quantità di vitamina C introdotta giornalmente è mediamente 143 mg per le donne e 146 mg negli uomini, un valore adeguato al fabbisogno giornaliero di una persona sana. Ma non sempre essa è sufficiente a determinare la copertura del fabbisogno giornaliero necessario all’organismo, a causa della sua facile deperibilità.
Dipende infatti da come sono consumati gli alimenti. Ad esempio, la vitamina C è sensibile alla luce e all’ossigeno, quindi frutta e verdura andrebbero conservate in luoghi chiusi e non esposti alla luce diretta. La frutta, una volta sbucciata o spremuta dovrebbe essere consumata immediatamente; altrettanto per la verdura appena mondata o centrifugata.
Ancora: la vitamina C è idrosolubile e subisce degradazione per instabilità al calore; se frutta e verdura sono bollite in acqua la vitamina si perde. Se ne perde meno se le verdure sono cotte con le microonde, al vapore, alla piastra.
Inoltre, basta una sola sigaretta ad eliminare circa 20 mg di vitamina C; quindi i fumatori (oltre smettere di fumare) devono assumere più vitamina C per raggiungere il fabbisogno giornaliero consigliato. Ma secondo i risultati della ricerca, chi fuma (15,7% del campione) ne introduce mediamente meno rispetto a chi non fuma (75,6%) e agli ex fumatori (8,7% del campione).
Secondo gli esperti dell’Osservatorio, infine, non vi è alcuna evidenza scientifica che con gli integratori di vitamina C si possa prevenire l’attacco di batteri o virus.