La ricerca
La prima ricerca è stata condotta dagli scienziati dell'Istituto nazionale sul Cancro di Amsterdam e rivela che il fattore fondamentale è l'età in cui ci si sottopone all'esame: infatti, i rischi di un'esposizione alle radiazione della mammografia risultano superiori del 43 per cento sotto i 30 anni.
L'incidenza del rischio aumenta notevolmente in giovane età. Sotto i 20 anni si sale al 63 per cento. Occorre allora, salvo diverse indicazioni del medico, sottoporsi alla mammografia al compimento dei 40 anni.
Complessivamente, secondo il secondo studio, il 22% delle diagnosi di cancro invasivo eseguite con la mammografia è sovradiagnosticato. È un dato sorprendente anche se in alcuni paesi, come ad esempio la Svizzera, questo dubbio sulla validità dello screening già esisteva e gli screening sono stati sospesi da un lato perché non incidono sulla sopravvivenza, e dall'altro portano quasi sempre a trattamenti che sono inutili e pertanto dannosi.
Lo studio effettuato in Canada aveva lo scopo di confrontare l'incidenza del cancro al seno e la mortalità, per un periodo di 25 anni, nelle donne di età compresa tra 40-59 anni che avessero partecipato o no allo screening mammografico.
Gli autori dello studio, dopo aver detto che lo screening mammografico è fatto al fine di ridurre la mortalità per cancro della mammella, e che in ogni caso il beneficio derivante deve essere valutato in studi randomizzati di screening, con la mortalità da cancro al seno come endpoint, ed aver ricordato che lo studio fa riferimento alla situazione canadese, dicono che i risultati di questa ricerca possono non essere generalizzabili a tutti i paesi.
La diagnosi precoce potrebbe essere di maggior beneficio nelle comunità dove la maggior parte dei tumori sono più grandi e una maggiore percentuale di essi sono linfonodo positivo. Tuttavia, dicono gli autori dello studio, nei paesi tecnicamente avanzati, i nostri risultati supportano le opinioni di alcuni esperti che affermano che le ragioni per lo screening della mammografia dovrebbero essere urgentemente rivalutate da chi si occupa di politica sanitaria.
In ogni modo, l'istruzione, la diagnosi precoce e le cure cliniche eccellenti, dovrebbero continuare ad essere fornite alle donne al fine di garantire che il maggior numero possibile di tumori al seno sia diagnosticato quando il tumore ha una dimensione di 2 cm o è di grandezza inferiore.
Nel nostro paese, dove il dibattito fra gli esperti sulla validità dello screening di massa va avanti da tempo, alcuni sostengono che non è ancora arrivato il momento di sospendere lo screening di massa per il tumore del seno, come ad esempio è accaduto per il tumore della prostata, la cui diagnosi precoce viene oggi fatta attraverso la misurazione del Psa, l'antigene prostatico specifico nel sangue.
Sarebbe utile fare prima un'opera di revisione sugli studi sinora fatti anche se bisogna riconoscere che lo studio canadese, che ha coinvolto oltre 90.000 donne ed è durato 25 anni, è finora il più ampio studio riportato nella letteratura scientifica.