Così lo spiegano i due ricercatori:
Le cellule umane sono in continua e costante rigenerazione. Il nostro corpo produce nuove cellule miliardi di volte durante la nostra vita. Ogni volta che una cellula si divide per crearne nuove il suo Dna si copia e, in media, fa tre errori casuali. La maggior parte di questi errori sono innocui ma una piccolissima parte di loro avviene in un gene che darà il via ad una replicazione incontrollabile di cellule, portando al cancro. In altre parole, la grandissima parte delle mutazioni che avvengono nelle divisione delle cellule non porta ad alcun danno. Talvolta, occasionalmente, una mutazione capita in un gene cancerogeno portando alla malattia.
Secondo i ricercatori generalmente ci vogliono due o più mutazioni genetiche critiche per condurre al tumore un tessuto. E ovviamente, più numerose sono le replicazioni, più cresce la probabilità di errori. I ricercatori concordano sulle cifre spesso ripetute dagli epidemiologi: il 40% dei tumori può essere prevenuto evitando ambienti e stili di vita non sani (così il Cancer Research UK, o i CDC statunitensi che stimano un 21% di morti evitabili di cancro con la prevenzione primaria). Ma il fulcro dello studio fornisce una spiegazione allo sviluppo del tumore in persone che seguono una vita sana- non fumatori, dieta salutare, peso corretto, poca o nulla esposizione ad alimenti cancerogeni - persone che non hanno in famiglia casi di tumori, quelli che se ne fanno una colpa e si chiedono "perché a me?". "In questi casi è l'errore random nella replicazione del Dna che conta, non vi è colpa", dice Vogelstein, "e non dipende dal tipo di ambiente". Non per tutti i tipi di cancro, però, si fa lo stesso discorso.
Secondo Tomasetti e Vogelstein, utilizzando il modello matematico creato, quando le mutazioni critiche si addensano nel cancro del pancreas, per il 77% dipendono da errori di replicazione del Dna, per il 18% dall'ambiente e per il 5% dall'ereditarietà. Nella prostata, cervello od ossa si arriva al 95% di errori random. Nel polmone, invece, si stima il 65% di fattori ambientali e 35% di errori di copia del Dna, mentre non si ha prova di alcun fattore ereditario.
Nel gennaio 2015 la pubblicazione su Science dello studio di Tomasetti e Vogelstein provocò un forte dibattito e le accuse sul metodo riguardarono l'esclusione di alcuni tipi di cancro (come seno e prostata) e sui dati solo statunitensi. Così rispondono i ricercatori: "Nel 2015 avevamo messo a confronto l'incidenza del cancro negli Usa con il numero totale di divisioni cellulari negli organi dove il cancro si era sviluppato. Questo ci ha permesso di spiegare perché certi tipi di tumore, come quello al colon si verifica più comunemente di altri, come quello al cervello. Ma allora non avevamo individuato che frazione di mutazioni nei cancri dipendesse dagli errori random di replicazione del Dna. Nel nuovo studio lo abbiamo fatto, utilizzando un modello matematico per analizzare le sequenze del Dna e i dati epidemiologici. In più abbiamo verificato quanto la correlazione trovata nel 2015 sia universale e non solo statunitense, comparando dati di 68 Paesi più gli Usa, in pratica la metà della popolazione mondiale". Questa volta la "coppia di Baltimora" è attenta a pesare le parole e ci tiene a sottolineare l'importanza anche della prevenzione primaria: "Certe esposizione ambientali o stili di vita, tipo fumo e obesità, causano anch'esse mutazioni nel Dna. Per esempio abbiamo trovato che nel tumore al pancreas i fumatori avevano il 16% in più di mutazioni nei loro tumori rispetto ai non fumatori con cancro.Per questo è importante intervenire su ambiente e stile di vita. In più, alcune persone hanno geni alterati di origine familiare, come i conosciuti BRCA-1 e BRCA-2, che sono fortemente associati ad alto rischio di cancro al seno e altri tumori". Ma, visti i dati, occorre migliorare gli strumenti per una individuazione precoce del tumore e intervenire di conseguenza prima possibile.