Chlamydomonas reinhardtii vista al microscopio
I topi utilizzati nell'esperimento erano affetti da una forma di cecità geneticamente controllata in cui alla retina mancano le cellule fotorecettrici. Tale disturbo, che può essere provocato da patologie come la degenerazione maculare o la retinite pigmentosa, è la più diffusa causa di cecità nell'uomo. I ricercatori ne hanno attivato determinate cellule della retina sfruttando un gene comunemente presente nelle alghe. A quel punto i roditori non solo erano in grado di percepire la presenza della luce, ma reagivano anche al movimento di un modello in bianco e nero, dimostrando di poter distinguere oggetti di una certa dimensione.
Ora la sperimentazione è diventata una sperimentazione, non solo, i ricercatori di RetroSense hanno ottenuto il via libera dalla Food and Drug Administration, l'organizzazione americana che vigila sui farmaci, e ora 15 pazienti che soffrono di retinite pigmentosa, una malattia genetica che li ha portati alla cecità, potrebbero essere trattati nella prima sperimentazione clinica con una cura ottenuta dall'optogenetica, scrive il sito Wired.
RetroSense utilizzerà un virus in cui saranno inserite copie del gene Channelrhodopsin-2 nei neuroni della retina interna, neuroni che normalmente non sono sensibili alla luce. In questo modo si cercherà di stimolare una reazione nella retina interna, in modo di indurre la recezione dello stimolo luminoso. La tecnica è già stata utilizzata in altri studi clinici in cui il virus diventa il veicolo del gene sano da sostituire a quello difettoso, ma per la prima volta invece di un gene che arriva dall'essere umano o da un altro mammifero, a dover correggere il gene difettoso potrebbe essere quello ottenuto proprio da questa microscopica alga.