La Leggenda del Piave, è una delle tante canzoni composte in occasione della Prima Guerra Mondiale. Viene scritta nel 1919 da Ermete Giovanni Gaeta meglio noto come EAMario. Il suo successo fu immediato e duraturo tanto che divenne un secondo inno nazionale cantato e diffuso in diversi momenti pubblici e soprattutto commemorativi di eventi e di eroi della Grande Guerra.
La canzone si riferisce al fiume Piave visto come estrema linea di difesa dei confini italiani contro le truppe austriache. Tante infatti furono le battaglie intorno alle “sacre sponde”, battaglie che vedevano l’ esercito italiano ora vinto ora vincitore.
Dopo Caporetto, complice lo straripamento del fiume, l’esercito fermò l’ avanzata del nemico, gli italiani ripresero in mano la situazione e, tra il 2 e 6 luglio del 1918, si batterono a Solstizio dove perirono, seconde le stime, 84mila600 militari italiani e 149mila militari austriaci.
La canzone rievoca quattro grandi momenti drammatici della guerra, uno per ogni strofa: la marcia dei soldati verso il fronte, la ritirata di Caporetto, la difesa del fronte sulle sponde del Piave e la vittoria finale.
La leggenda del Piave è stata ben scritta e ben organizzata e, come tutte le altre canzoni di guerra, contiene immagini figure retoriche dure e violente che descrivono la durezza della guerra.
Il Piave, nella canzone,viene personificato come se fosse un soldato italiano, l’ autore attribuisce ad esso azioni come “udire, mormorare, vedere e singhiozzare” tanto da farlo diventare il capitano che guida i soldati alla vittoria.
Nell’ ultima strofa c’è una metafora” la Vittoria sciolse l’ali al vento !” che collega all’ immagine allegorica della Niche greca, e unisce tutti gli eroi della grande guerra con gli eroi dell’ ultimo risorgimento e dell' irredentismo come Oberdan, Sauro e Battisti.
L’esercito in marcia verso i confini Triestini per resistere all’avanzata austro-ungarica, oltrepassa il fiume Piave che, con il tripudiar delle onde sembra voler far capire ai soldati che è dalla loro parte.
Ma, in una notte, il Piave percepiva il senso di ira e sgomento del nostro esercito in ritirata: gli Austriaci, sfondati i confini, irruppero a Caporetto. In tanti erano i profughi che scendevano dai monti, costretti a lasciare le loro case.
Il Piave era ora triste e il mormorio delle onde era simile a un singhiozzo.
Il nemico era tornato per impossessarsi dei territori italiani. Eroica, in questa situazione, emerge la determinazione di tutti i protagonisti di questo canto. “No, disse il Piave, no, dissero i fanti, mai più il nemico faccia un passo avanti”, i soldati non avevano alcuna intenzione di abbandonare il loro territorio, il Piave rigonfiò le sponde ed ebbe inizio il combattimento. Le acque del fiume si tinsero di rosso, a causa del sangue del nemico.
L’esercito austriaco fu costretto ad indietreggiare, questo segnò la vittoria per l’ esercito italiano, il territorio tornava ad essere sicuro e il Piave era ora tranquillo. Il canto è composto da quattro strofe, otto versi ciascuna in cui sono presenti solo rime baciate. Il ritmo va da piano ad andante mosso.
La #leggenda del #Piave: ricorrenza del #24maggio
Scritto da Armando Testi
Oggi, 24 maggio, attraverso la leggenda del Piave, viene rievocata la sanguinosa guerra combattuta contro gli austriaci nel 1918.
LA LEGGENDA DEL PIAVE
Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l’esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera !
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S’udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de le onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero
il Piave mormorò: Non passa lo straniero !
Ma in una notte triste si parlò di un fosco evento
e il Piave udiva l’ira e lo sgomento.
Ahi quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
poiché il nemico irruppe a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivan a gremir tutti i suoi ponti.
S’udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio dell’onde.
Come in un singhiozzo in quell’autunno nero
il Piave mormorò: Ritorna lo straniero !
E ritornò il nemico per l’orgoglio e per la fame
voleva sfogare tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora !
No, disse il Piave, no, dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti !
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan le onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: Indietro va, o straniero!
Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l’ali al vento !
Fu sacro il patto antico e tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti !
Infranse alfin l’italico valore
le forche e l’armi dell’Impiccatore.
Sicure l’Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l’onde.
Sul patrio suolo vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri.