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Domenica, 15 Dicembre 2013 12:01

#Scuola: Da Pregiudizio a Discriminazione il passo è breve

Scritto da  Paola Rosi
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una cartina dell'europa con lo stereotipo di ogni stato

Ma cos’è la discriminazione?

La discriminazione è il trattamento non paritario attuato nei confronti di un individuo o di un gruppo di individui in virtù della loro appartenenza ad una particolare categoria.

Alcuni esempi di discriminazione possono essere l’omofobia, il razzismo e il sessismo. Ma da dove nasce? Qual’è il processo che porta a questo? La discriminazione è il fine di un processo di intenzioni e pensieri che parte direttamente dallo stereotipo e che passa poi per il pregiudizio quando il primo risulta essere negativo e troppo forte.

Ne ha parlato Luigi in questo articolo ora affrontiamo il come educare e ridurre il pregiudizio per non arrivare alle discriminazioni.

Educare e ridurre il pregiudizio

Un atteggiamento comune che credo, considerando buona parte delle persone come individui capaci di comprendere la necessità di una conoscenza e condivisione di tematiche ed informazioni, sia capitato proprio a tutti: abbiamo i nostri stereotipi e pregiudizi ma nel momento in cui (vuoi un caso vuoi un altro) entriamo in contatto con questi gruppi sociali e li conosciamo, i nostri pregiudizi possono venire a modificarsi o semplicemente si riconoscono come tali.

Lo stereotipo, come sappiamo, è difficile da sradicare ma si può modificare attraverso tre modalità o modelli:

  • modello della contabilità: attraverso una conoscenza personale di situazioni che vanno a modificare o a non provare l’esistenza dello stereotipo. Un esempio: conosco molte bionde e vi assicuro che non sono tutte stupide, in questo caso il mio pregiudizio è sbagliato;
  • modello di conversionequando avviene un unico improvviso modo in seguito ad un’unica informazione convincente che contraddice lo stereotipo: ho diverse amiche che sanno guidare un’auto e conosco molti ragazzi che hanno fatto più incidenti di me;
  • modello della sottopizzazione: avviene quando una persona entra all’interno di un gruppo stereotipizzato e scopre che in realtà lo stereotipo non può essere generalizzato esistendo, infatti, differenti persone e differenti caratteri. Tale persona crea quindi dei sottogruppi di stereotipi, ad esempio: non tutte le lesbiche hanno i capelli corti, alcune sono molto femminili e attraenti, non tutte odiano gli uomini. Quest’ultimo modello non va a sradicare lo stereotipo, si creano dei piccoli sotto stereotipi, ma comunque avviene un cambiamento!

Ora, come è possibile eliminare un pregiudizio? 

Attraverso una conoscenza di gruppi di persone facenti parte di uno stereotipo unico e alla possibile relazione che si crea, si può modificare nell’individuo lo stereotipo. Non tutti gli studiosi però la pensano allo stesso modo: secondo alcuni infatti, la conoscenza di un solo individuo o di pochi individui, non va a modificare lo stereotipo e il pregiudizio nei confronti di quel gruppo di appartenenza. Così succede che lo stereotipo va a modificarsi solamente per le persone conosciute e rimane intatto per il rimanente gruppo sociale. Se una persona, che ha dei pregiudizi nei confronti degli omosessuali, mi conosce attraverso altre dinamiche e modifica il suo pregiudizio nei miei confronti, non è detto che questo pregiudizio si sia modificato per tutto il resto degli altri individui. Complesso ma effettivamente reale.

Ma come possiamo creare davvero qualche spiraglio? Quali le strategie, gli atteggiamenti, da porre in essere? Come creare messaggi efficaci e funzionali di comunicazione?

All’inizio dell’articolo avevo pensato di riportarvi passo passo tutti gli approcci. Sono interessanti, non c’è che dire, ma sono anche impegnativi. Sono tanti ma si basano tutti su alcuni concetti fondamentali che vi riporto e che credo sia importante tenere alla mente.

La modifica dell’atteggiamento omofobo, la diminuzione del pregiudizio e degli stereotipi passano tutti da alcune stazioni importanti. L’invisibilità in cui il singolo individuo si trova per motivi personali e validi (perché soggettivi) a dover vivere nell’ambiente familiare o in quello lavorativo o in quello sociale, porta inevitabilmente ad una chiusura da parte del mondo esterno che considera ciò che viene tenuto nascosto come una paura, in questo caso l’omosessualità. Come scritto nella recensione dell’incontro “si nasce o si diventa”, siamo persone che crescono all’interno di determinati parametri e tradizioni che ci condizionano inevitabilmente. Queste tradizioni fanno sì che noi stessi rimaniamo convinti che ciò che siamo possa essere un disagio per gli altri (premesso, generalizzo per riportare il concetto). In questo modo si attua un circolo attraverso cui l’invisibilità ci rende più forti da possibili attacchi esterni riguardo le nostre preferenze omosessuali.

Cosa voglio dire: finché ciò che esiste rimane nascosto, invisibile, allora rimane come qualcosa di sbagliato e che deve rimanere all’oscuro agli occhi degli altri. Finché la parola “omosessuale” viene pronunciata a tono basso come se si avesse paura di andare a violare un pubblico pudore, allora non potremmo mai arrivare al momento in cui non sarà più necessario dover fare coming out e fare il nostro, scusate la battuta, ingresso in società senza troppi giri di parole. 

Azioni, banchetti, aperitivi, festival, pride, seminari, incontri, serate e quant’altro, che le associazioni organizzano e mettono in essere nella società vengono create proprio allo scopo di mettere a conoscenza di terzi quello che esiste e che è. Parlare di famiglie omosessuali, di matrimoni omosessuali, di coppie omosessuali, di persone omosessuali, quindi parlare ed essere semplicemente, aiuta il mondo esterno a relazionarsi sempre in modo migliore o comunque partecipe a qualcosa che c’è e che ha intorno.

Attraverso la conoscenza di singole persone, di gruppi sociali, di attività, aiutiamo chi non conosce, chi ha paura, chi vive all’interno di pregiudizi e stereotipi, a parlare convivere essere coinvolto in quello che fino ad allora ha invece evitato. Attraverso semplicemente, quindi, una comunicazione.

Ecco: ecco è tutto qua. Non è semplice, siamo sinceri. Non è facile. Non è così spontaneo talvolta. Ma semplicemente fare qualcosa è importante. Semplicemente condividere una spilletta e indossarla. O condividere un articolo. O parlare di certe tematiche. E non deve farlo solo chi si sente partecipe e all’interno del gruppo sociale, ma tutti.

Non è certo semplice attuare dal nulla tutti questi atteggiamenti. Ma non deve essere neanche semplice una chiusura a riccio. Siamo noi i creatori del nostro mondo e del mondo che ci è intorno. Per questo motivo la comunicazione, l’attuazione delle cosiddette strategie sono lo strumento adatto a realizzare quella consapevolezza sociale, di massa, comune, chiamatela come preferite. 

Il concetto è che di ciò che non si conosce, si ha paura.

Letto 6363 volte Ultima modifica il Domenica, 15 Dicembre 2013 12:27
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