Kottabos il gioco col vino
I Greci avevano un grande amore per il vino e ne parlavano in termini di poetico rapimento, ma leggendo i loro autori non si ha l'impressione che fossero dei forti bevitori. Il vino annacquato aveva due scopi ben precisi: moltiplicava la disponibilità di un genere di consumo che per certi cittadini era forse troppo costoso, e permetteva di continuare a bere più a lungo. La parola greca "simposio" significa semplicemente "bere in compagnia".
L'uso moderno di questa parola per indicare un congresso di persone dotte deriva dall'abitudine greca di conversare a lungo tra uomini dopo una cena, davanti a coppe di vino.
Kottabos dei romani il bersaglio era una lancia con al fondo un mantello che si macchiava
Gli uomini stavano sdraiati su lettini, sostenendosi sui gomiti: questa posizione, che avevano imparato dagli Assiri verso il 600 a.C., era tipica allora come oggi dei popoli nomadi. La sala da pranzo era chiamata stanza degli uomini, e i servizi sanitari erano progettati di conseguenza. Le donne, se presenti, sedevano sulla sponda di un lettino o su una sedia. I simposi avevano un presidente nello stesso modo in cui i banchetti georgiani hanno un tamada, ma il suo compito era di incoraggiare la conversazione, non di proporre brindisi elaborati.
Nessuno pretende che tutti i Greci fossero filosofi. Un simposio poteva essere serio, meno serio o del tutto poco serio. Era normale che fossero presenti danzatrici e suonatrici di flauto. Ma secondo Platone (che peraltro era un ben noto puritano):
Dovunque si riuniscano in simposio uomini colti e di buona estrazione, non si vedranno suonatrici di flauto né di arpa; al contrario, essi sono perfettamente capaci di intrattenersi da soli senza queste bambinesche stupidaggini, ma solo con il suono delle loro voci, parlando e ascoltando a turno, e sempre con decenza, anche quando hanno bevuto molto vino.
Fu verso il 600 a.C. che un siciliano di origine greca, semisdraiato sul suo lettino durante un simposio alla fine di una cena, scommise con i suoi amici che avrebbe colpito la lampada in cima al suo stelo con la feccia del vino rimasto nella sua coppa a due manici.
Non si sa se riuscì a spegnere la lampada, ma l'idea del gioco piacque. Tutto sommato, a lanciare panini dopo un po' ci si annoia. Il nuovo gioco fu chiamato kottabos, e un astuto mercante di bronzo inventò una colonnina speciale, simile allo stelo di una lampada ma sormontata da una statuetta con un braccio alzato. Sulla mano della statuetta era appoggiato, in delicato equilibrio, un dischetto di bronzo lievemente concavo. A metà della colonna stava un altro disco di bronzo molto più grande. Il gioco consisteva nel buttare giù il disco più alto, chiamato plastinx, in modo che cadesse su quello più basso, chiamato manes, facendolo suonare come un campanello.
Al vincitore spettava un premio che poteva essere un frutto, un dolce o un bacio dalle danzatrici.
Il kottabos diventò una mania. Dalla Sicilia ritornò ad Atene e a Sparta, e per non meno di trecento anni, durante tutto il periodo della maggiore influenza ateniese, fu il gioco di moda per il dopo cena. Raffigurato su innumerevoli vasi (sono le uniche immagini di vita domestica greca di cui disponiamo) e le regole sono note dalla letteratura.
Nella figura a fianco vediamo una classica coppa da vino del tempo il kylix, un manufatto in ceramica dipinto (nella foto) con la classica tecnica a figure rosse.
Per il lancio era necessario il cosiddetto gesto atletico la cui preparazione consisteva nell'inserire le due dita, il medio e l'anulare, in uno dei due manici, facendo in modo che il fondo della coppa appoggiasse sopra il polso.