Infatti uno studio condotto da Alessandro Martini, direttore del dipartimento di neuroscienze e organi di senso e professore ordinario di Otorinolaringoiatria presso l’Azienda ospedaliera dell’università di Padova, ha affermato che tra ipoacusia e demenza esiste una relazione bidirezionale e che un grave deficit uditivo è in grado di aumentare di ben 5 volte, in maniera indipendente rispetto ad altri fattori, il rischio di sviluppare demenza.
Quindi intervenendo tempestivamente sul danno uditivo con opportuni test audiometrici e i giusti apparecchi acustici, si può contrastare il più possibile il decadimento della funzione uditiva.
Rallentare anche di un solo anno l’evoluzione del quadro clinico, porterebbe a una riduzione del 10% del tasso di prevalenza della demenza nella popolazione generale, con un notevole risparmio in termini di risorse umane ed economiche.
- spiega il professor Martini.
Ma il problema è che gli apparecchi acustici, nonostante siano in continua evoluzione, sono fortemente sotto-utilizzati nel nostro Paese. Infatti si stima che l’età media degli italiani portatori di apparecchi acustici sia di 74 anni contro una media europea di 60,5 anni.