Pur essendo attaccata ad un respiratore e alimentata artificialmente, è vigile, guarda la tv, interagisce con le persone che si occupano di lei. Tra loro, in particolare suor Noemi, ma ormai è tutto il reparto a prendersene cura.
La bambina è affetta dalla sindrome di Bruck, che produce malformazioni gravi ai segmenti ossei, per questo il giudice chiese alla Casa di sollievo un affidatario. L’ospedale si era rivolto a Melchionda il quale accettò immediatamente. Come mai? Il medico risponde naturalmente:
Siamo tutti affezionati a Donatella. Dal punto di vista clinico, mi comporto come con tutti gli altri pazienti, cerco di dare il massimo. Ma quando conosci Donatella è difficile non trattarla come una figlia. Poi qui i pazienti vanno e vengono in emergenza. Lei invece è sempre con noi, un punto fisso.
Intorno a lei si muovono medici, infermieri e anche il direttore generale, che le fa visita appena possibile. Particolarmente affezionata è suor Noemi, caposala del reparto. Ma, prosegue il primario, "vengono anche tante persone dall’esterno dell’ospedale". Donatella non si muove, ma fa muovere il mondo. Sta su un letto speciale e mangia con la peg, ma è amata. E cambia tutti noi.
"Una catena di solidarietà", la definisce il primario. "Come sta la piccola oggi? Ha dormito? Chi c’è con lei in stanza? Più tardi passo io", è quello che si sente dire nei corridoi della rianimazione quando si parla della bimba.
Ci sono un affetto e una vicinanza grandi, le vogliamo bene tutti. Questa cosa ci ha unito molto. Ha reso il reparto speciale. Davanti a Donatella le differenze restano, ma diventano secondarie, si stemperano.
Nessuno si domanda che senso abbia quella vita così inerme?
Ormai ci è chiaro, consapevolmente o meno, che la fragilità genera amore, carità, quello che serve per vivere e anche per lavorare bene. Se accolta è preziosa, contrariamente a quanto dice chi non la conosce. Il bisogno continuo di Donatella ci costringe a non essere superficiali, a cercare un senso ogni giorno.