Gli oli, sia d'oliva che di semi, hanno una struttura chimica che si modifica sotto l’azione dei fattori esterni, come il calore, la luce, il contatto con altre sostanze. Per questo andrebbero conservati al buio o in bottiglie sigillate e di colore scuro.
Quando si frigge, inoltre, l’olio viene portato ad alta temperatura e messo a contatto con l’acqua e le altre sostanze rilasciate dagli alimenti che vengono fritti. Durante la frittura infatti cambiano in modo irreversibile le proprietà fisico-chimiche: si intensifica e scurisce il colore, aumenta la viscosità, aumenta la tendenza a formare schiuma, viene raggiunto a temperature più basse il punto di fumo. La causa di queste modificazioni è l'ossidazione della componente triglicerica, che porta alla formazione di perossidi, derivati carbonilici, acidi grassi e composti volatili di varia natura, a seconda del tipo di olio e del tipo di alimento fritto. L’olio, insomma, non andrebbe riutilizzato anche perché l’alterazione della struttura molecolare può dare origine a sostanze tossiche per l’organismo.
In particolare questo vale per gli oli ed i grassi ad alto grado di insaturazione (polinsaturi), ovvero quelli di semi, meno stabili ai trattamenti termici prolungati e ripetuti. L’olio d’oliva, invece è fra quelli più stabili.