Google lo ricorda oggi con un doodle nel 200° anniversario della sua nascita
La sua combinazione dello spettroscopio ottico con la fotografia per lo studio del sistema solare riuscì a provare che il Sole contiene idrogeno. L’Ångström, l’unità con cui si misura la lunghezza d’onda della luce, prende il suo nome.
Tra le altre cose, Ångström fu il primo fisico a studiare lo spettro di un aurora boreale -che in generale si chiama aurora polare: è boreale o australe a seconda dell’emisfero terrestre in cui si verifica- e fu in grado di trovare e misurare i colori del suo spettro, identificando una riga giallo-verde. Gli studi di Ångström resero chiaro che l’aurora non è interpretabile in termini di luce solare riflessa o diffratta, dato che è di per sé luminosa. L’aurora polare, infatti, è un effetto ottico che si verifica a causa dell’interazione di alcune particelle cariche (protoni ed elettroni), trasportate dal vento solare, con la fascia dell’atmosfera che si chiama ionosfera. Le particelle eccitano gli atomi dell’atmosfera, che successivamente perdono l’energia accumulata sotto forma di luce con varie lunghezze d’onda. E proprio in questa fase l’aurora diventa visibile, ma solo in prossimità dei poli magnetici della Terra.