Questa vicenda, se andiamo a fare due conti, ci riporta direttamente a quella dei portatori di Google Glass, uno dei quali allontanato da un ristorante di Seattle per paura di violazioni della privacy sugli altri avventori del locale. Al richiamo a togliere gli occhiali di Big G, l’ingegnere avrebbe risposto no e di qui la motivazione dell’invito ad allontanarsi dal locale. Nel caso di Starr il timore del ristoratore di Seattle è l’utilizzo che l’uomo poteva fare dei suoi GG, ovvero scattare foto o girare video senza che nessuno se ne accorga, come nelle capacità di questo straordinario dispositivo. Il proprietario, come si apprende, avrebbe detto a Starr di allontanarsi o di toglierli per tutelare la privacy degli altri avventori, ma senza esito.
Insomma, come appare piuttosto evidente, è la privacy ad essere in campo in questo senso. E la regolarità nel caso di specie del Belgio. Allora la domanda nasce più che naturale: possono questi straordinari ma ancora non regolamentati dispositivi avere a che fare con la realtà di oggi senza divenire oggetti sospetti? Come fare per costruire una regolamentazione per le nuove tecnologie al fine di evitare che esse, per timori di privacy, diventino un problema invece che un valore aggiunto?