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Parole straniere

Parole straniere

Anglicismi, Francesismi, Ispanismi e i più rari Germanismi i prestiti linguistici e cioè l'assimilazione di elementi, di solito lessicali, da un'altra comunità, sono un fenomeno che accompagna lo sviluppo della società umana nella storia. Idee nuove e cose nuove esigono parole nuove; ed è naturale che una comunità che porta idee e cose nuove le trasmetta ai popoli con cui viene in contatto, insieme alle parole a esse collegate.
La storia è ricca di esempi. Basterà ricordare la quantità di parole greche assimilate dal latino; il numero dei vocaboli germanici disseminati da un capo all'altro dell'Europa all'epoca delle grandi migrazioni; i termini arabi –e non solo quelli legati direttamente alla religione islamica– diffusi in tutto il mondo musulmano. E poi, la penetrazione, un po' in tutte le lingue europee, di voci italiane durante il Rinascimento, spagnole nei Seicento, francesi nel Settecento. Il fenomeno si accentua ancora nell'Ottocento con l'avvento della rivoluzione industriale e la parallela diffusione di termini inglesi legati soprattutto all'industria e al commercio, per divenire massiccio nel Novecento, specialmente dopo la seconda guerra mondiale, quando non più soltanto l'Inghilterra ma ancor più il Nord America diffondono in tutto il resto del mondo, con parole inglesi, le grandi novità della scienza, della tecnica, della vita associativa. La facilità dei contatti, la radio, la televisione, le canzoni, lo sport, i più intensi scambi culturali, non fanno che accrescere questa ondata di parole straniere, soprattutto inglesi, che si abbatte, in misura senza precedenti, sulle altre lingue.

In un'epoca come la nostra, caratterizzata da una fitta rete di scambi comunicativi e di contatti interlinguistici a livello planetario, niente di più normale che le parole legate a fatti di particolare risonanza mondiale viaggino da una lingua all'altra. Dinanzi a ciò, i dizionari non possono che essere incompleti e inevitabilmente in ritardo. E' il caso di pasdaran, parola dell'iranico moderno, dal significato di guardiani e spesso presente nei testi facendo ricorso alle virgolette o al corsivo.

Dal 2000 ad oggi, l'uso di termini inglesi nella lingua italiana scritta è aumentato del 773% in base ad una rilevazione condotta su un campione di 58 milioni di parole prodotte da aziende italiane.

In questa rubrica vogliamo districarci in questo mondo complicato e spesso crudele (perché gioca brutti scherzi anche ai più eruditi).

Se vuoi approfondire leggi il nostro Articolo Zero

tutti i loghi dei social network

Social network

Inglese - Pronuncia: soscol newok.

Etimologia

Composto da social = "sociale" + network = "rete".

Significato

Un social network è un servizio usufruibile su dispositivi digitali che sfrutta internet per la realizzazione di una rete sociale virtuale, consentendo tra l’altro agli utenti, di solito previa registrazione e creazione di un profilo personale protetto da password, di condividere contenuti testuali, immagini, video e audio e di interagire tra loro, e la possibilità di effettuare ricerche nel database della struttura informatica. 

Il loro utilizzo è spesso offerto gratuitamente, dato che i fornitori sono remunerati dalle inserzioni pubblicitarie. 

Fr.- Pr.: défilé, derivato di défiler

Defilé

(défiler = andare in fila, sfilare)
Rassegna di moda, sfilata di modelli presentati da indossatrici e indossatori.
In passato, anche sfilata, parata militare.

Mise
(Fr. - Pr.: mìs = messa dal verbo mettere)
Modo, foggia di vestire, tipo di abbigliamento: una mise elegante, ricercata; mi piace la tua mise di oggi; indossava una elegante mise di velluto nero.

Clergyman

(Ingl.- Pr.: klèègimen, da clergy = clero e man = uomo)
Membro del clero, ecclesiastico. In Italia il termine è usato per indicare il vestito nero, o grigio scuro, composto di calzoni e giacca, con colletto chiuso, portato dagli ecclesiastici nei paesi tedeschi e anglosassoni e, dal 1964, anche in Italia dai sacerdoti cattolici invece dell’abito talare, tranne che nelle funzioni religiose.

Must

(Ingl. - Pr.: màst; dal verbo must = dovere)
Cosa indispensabile, o considerata tale; è espressione adottata anche in Italia, spec. nel linguaggio della pubblicità (o per suggestione di questa), riferita per es., a oggetti o prodotti di cui non si può fare a meno e si devono perciò acquistare, a libri che non si possono ignorare, a spettacoli o manifestazioni a cui è dovere assistere o partecipare, e sim.: elettrodomestici che sono ormai dei must per ogni famiglia; una nuova enciclopedia che diventerà un m. per tutte le persone di media cultura; è un film che bisogna vedere: è un must!

 

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