Qual è il significato della Primavera di Botticelli?
L'opera, forse la più nota di Sandro Botticelli, è databile intorno al 1482 e diverse fonti hanno confermato che il dipinto venne eseguito per Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici (1463-1503), cugino di secondo grado del Magnifico.
La scena in un boschetto formato da alberi arancio e frutti; sullo sfondo di un cielo azzurro, sono disposti nove personaggi, in una composizione che ruota attorno al personaggio centrale, una donna con drappo rosso. Il suolo è composto da un prato formato da una gran varietà di specie vegetali e di fiori.
La Primavera nasconde vari livelli di lettura: uno strettamente mitologico, la cui spiegazione è ormai unanimamente condivisa; uno filosofico, legato principalmente alla filosofia dell'accademia neoplatonica; uno storico-dinastico, legato alle vicende contemporanee ed alla gratificazione del committente e della sua famiglia. Il senso complessivo dell'opera è ancora piuttosto oscuro e aperto alle più varie interpretazioni.
Secondo l'interpretazione mitologica i personaggi si trovano nel famoso giardino delle Esperidi: il primo da destra è Zefiro, vento di primavera che rapisce per amore la ninfa Clori, mettendola incinta; da questo atto la ninfa rinasce e si trasforma in Flora, ovvero la stessa primavera rappresentata come una donna coperta da un abito fiorito e che sparge a terra dei fiori.
Al centro del quadro si trova Venere, simbolo neoplatonico dell'amore più elevato, che osserva tutta la scena. Sopra di lei vola il figlio Cupido. Alla sua sinistra si trovano le tre Grazie che stanno danzando. Ancora più a sinistra si nota Mercurio, il messaggero degli dèi, raffigurato con le ali ai piedi, che col caduceo scaccia le nubi per conservare un'eterna primavera.
Per quanto riguarda l'interpretazione filosofica, il primo critico a mettere il dipinto direttamente in relazione con la cerchia di filosofici neoplatonici frequentata da Botticelli fu Aby Warburg nel 1893, che lesse la Primavera come la rappresentazione di Venere dopo la nascita, durante l'arrivo nel suo regno. Secondo Ernst Gombrich nella Primavera vi si narrerebbe come l'amore, nei suoi diversi gradi, arrivi a staccare l'uomo dal mondo terreno per volgerlo a quello spirituale: Zefiro e Clori rappresenterebbero la forza dell'amore sensuale e irrazionale, che però è fonte di vita (Flora) e, tramite la mediazione di Venere ed Cupido, si trasforma in qualcosa di più perfetto (le Grazie), per poi spiccare il volo verso le sfere celesti guidato da Mercurio.
Secondo alcune letture dell'opera legate al committente i personaggi mitologici del dipinto sarebbero le rappresentazioni di personaggi fiorentini e delle loro virtù, come in una sfilata di carnevale. Poiché pare che l'opera sia stata inizialmente commissionata a Botticelli da Giuliano de' Medici in occasione della nascita del figlio Giulio (futuro papa Clemente VII), avuto con Fioretta Gorini che egli avrebbe sposato in gran segreto nel 1478. Ma Giuliano morì nella congiura dei Pazzi ordita contro il fratello in quello stesso anno, un mese prima della nascita del figlio, per cui il quadro incompiuto venne "riciclato" dal cugino Pierfrancesco de' Medici qualche tempo dopo per celebrare le sue nozze, inserendovi il suo ritratto e quello della moglie Semiramide Appiani, che si diceva essere donna dall'estrema bellezza.
In base ad altri ritratti dipinti da Botticelli, nei vari protagonisti della rappresentazione sono stai individuati vari personaggi di casa Medici: in particolare nelle tre Grazie sono state riconosciute Caterina Sforza (a destra), e Simonetta Vespucci (al centro), la fonte di ispirazione per la Nascita di Venere, che guarda sognante verso Mercurio-Giuliano de' Medici.
Per la lettura storica, secondo Horst Bredekamp, si dovrebbe considerare il dipinto come allegoria dell'età dell'oro in epoca medicea. La presenza di Flora sarebbe pertanto un'allusione a Florentia e dunque alle antiche origini della città di Firenze. Le altre figure sarebbero città legate in vario modo a Firenze: Mercurio-Milano, Cupido (Amor)-Roma, le Tre Grazie come Pisa, Napoli e Genova, la ninfa Maya come Mantova, Venere come Venezia e Borea come Bolzano.
Altri studi hanno invece ipotizzato che il dipinto sia una sorta di calendario agreste abbreviato della bella stagione: da febbraio (Zefiro) a settembre (Mercurio), nell'augurio di una primavera senza fine.