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Il 9 luglio 1955 Bertrand Russel presenta il manifesto sul disarmo nucleare concepito insieme ad Albert Einstein

Nato ad Ulm, in Germania, il 14 marzo 1879, Albert Einstein è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi scienziati nella storia dell'umanità. Nel 1916 enunciò la [Teoria della Relatività Generale], destinata a rivoluzionare i concetti di spazio e tempo, grazie alla quale ricevette il premio Nobel nel 1921. Meno noti al grande pubblico sono altri aspetti della vita di Einstein, in particolare il suo interesse per la filosofia e per la politica, la sua adesione al socialismo e la sua capacità di diffidare del progresso scientifico, scontrandosi con la cieca fede che riponevano nella scienza molti dei suoi colleghi.

Einstein si era reso conto di come la medaglia del progresso scientifico avesse due facce ben distinte: una, quella più pubblicizzata, che avrebbe potuto portare benefici all'umanità; un'altra, tenuta nascosta, che invece avrebbe potuto provocare la fine stessa della civiltà e della vita sulla Terra. Proprio per questo, Einstein si battè a lungo contro la proliferazione nucleare: [Non è necessario immaginare che un'esplosione stellare distrugga la terra come una Nova per capire con chiarezza la crescente distruttività di una guerra atomica e riconoscere che, a meno di impedire un'altra guerra, è probabile che si arrivi a devastazioni su scala mai ritenuta possibile prima d'ora, e a stento concepibili anche adesso, e che ad esse sopravviverebbe ben poco della nostra società[, dichiarava in un'intervista rilasciata a Raymond Swing nel novembre 1947.

All'avvicinarsi della sua morte, che sarebbe sopraggiunta il 18 aprile 1955, Einstein si preoccupò di redigere un testamento spirituale, intitolato Solenne Appello alla Pace, nel quale metteva in guardia l'umanità dai pericoli di una guerra nucleare. Il fisico di origine tedesca fece pervenire il documento al suo grande amico Bertrand Russell, filosofo di fama mondiale, che lo sottoscrisse a sua volta insieme ad altri importanti scienziati di tutto il mondo, tra i quali Frédéric Joliot-Curie, premio Nobel per la Fisica nel 1935, marito di Irène Curie, la figlia di Pierre e Marie Curie. Russell rese noto il testo scritto da Albert Einstein il 9 luglio 1955 ({yago 1955}), a pochi giorni dal Vertice di Ginevra del 18 luglio, al quale avrebbero partecipato i quattro rappresentanti delle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale: il presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower, il primo ministro britannico Anthony Eden, il premier dell'Unione Sovietica Nikolai Bulganin e il primo ministro francese Edgar Faure.

Di seguito riportiamo il testo integrale del testamento spirituale di Albert Einstein

lo scritto dello scienziato era chiaramente adeguato al contesto geopolitico dell'epoca, quello della Guerra Fredda, ma non per questo ha perso la sua attualità in un momento storico di grandi tensioni internazionali come quello che stiamo vivendo oggi.

In considerazione del fatto che in ogni futura guerra mondiale verrebbero certamente impiegate armi nucleari e che tali armi mettono in pericolo la continuazione stessa dell'esistenza dell'umanità, noi rivolgiamo un pressante appello ai Governi di tutto il mondo affinché si rendano conto e riconoscano pubblicamente che i loro obiettivi non possono essere perseguiti mediante una guerra mondiale e li invitiamo, di conseguenza, a cercare mezzi pacifici per la soluzione di tutte le questioni controverse tra loro.

Nella tragica situazione cui l'umanità si trova di fronte noi riteniamo che gli scienziati debbano riunirsi in conferenza per accertare i pericoli determinati dallo sviluppo delle armi di distruzione di massa e per discutere una risoluzione nello spirito del progetto annesso. Parliamo in questa occasione non come membri di questa o quella Nazione, Continente o Fede, ma come esseri umani, membri della razza umana, la continuazione dell'esistenza della quale è in pericolo.

Il mondo è pieno di conflitti e, al di sopra di tutti i conflitti minori, c'è la lotta titanica tra il comunismo e l'anticomunismo. Quasi ognuno che abbia una coscienza politica ha preso fermamente posizione in una o più di tali questioni, ma noi vi chiediamo, se potete, di mettere in disparte tali sentimenti e di considerarvi solo come membri di una specie biologica che ha avuto una storia importante e della quale nessuno di noi può desiderare la scomparsa.

Cercheremo di non dire nemmeno una parola che possa fare appello a un gruppo piuttosto che a un altro. Tutti sono ugualmente in pericolo e se questo pericolo è compreso vi è la speranza che possa essere collettivamente scongiurato. Dobbiamo imparare a pensare in una nuova maniera: dobbiamo imparare a chiederci non quali passi possono essere compiuti per dare la vittoria militare al gruppo che preferiamo, perché non vi sono più tali passi; la domanda che dobbiamo rivolgerci è: [quali passi possono essere compiuti per impedire una competizione militare il cui esito sarebbe disastroso per tutte le parti?].

L'opinione pubblica e anche molte persone in posizione autorevole non si sono rese conto di quali sarebbero le conseguenze di una guerra con armi nucleari. L'opinione pubblica pensa ancora in termini di distruzione di città. Si sa che le nuove bombe sono più potenti delle vecchie e che mentre una bomba atomica ha potuto distruggere Hiroshima, una bomba all'idrogeno potrebbe distruggere le città più grandi come Londra, New York e Mosca. E' fuori di dubbio che in una guerra con bombe all'idrogeno le grandi città sarebbero distrutte; ma questo è solo uno dei minori disastri cui si andrebbe in contro.

Anche se tutta la popolazione di Londra, New York e Mosca venisse sterminata il mondo potrebbe nel giro di alcuni secoli riprendersi dal colpo; ma noi ora sappiamo, specialmente dopo l'esperimento di Bikini, che le bombe nucleari possono gradatamente diffondere la distruzione su un'area molto più ampia di quanto non si supponesse. E' stato dichiarato da fonte molto autorevole che ora è possibile costruire una bomba 2500 volte più potente di quella che distrusse Hiroshima.

Una bomba all'idrogeno che esploda vicino al suolo o sott'acqua invia particelle radioattive negli strati superiori dell'aria. Queste particelle si abbassano gradatamente e raggiungono la superficie della Terra sotto forma di una polvere o pioggia mortale.

Nessuno sa quale ampiezza di diffusione possano raggiungere queste letali particelle radioattive, ma le maggiori autorità sono unanimi nel ritenere che una guerra con bombe all'idrogeno potrebbe molto probabilmente porre fine alla razza umana.

Si teme che, qualora venissero impiegate molte bombe all'idrogeno, vi sarebbe una morte universale immediata solo per una minoranza mentre per la maggioranza sarebbe riservata una lenta tortura di malattie e disintegrazione.

Molti ammonimenti sono stati formulati da personalità eminenti della scienza e da autorità della strategia militare.

Nessuno di essi dirà che i peggiori risultati sono certi: ciò che essi dicono è che questi risultati sono possibili e che nessuno può essere sicuro che essi non si verificheranno. Non abbiamo ancora constatato che le vedute degli esperti in materia dipendano in qualsiasi modo dalle loro opinioni politiche e dai loro pregiudizi. Esse dipendono solo, per quanto hanno rivelato le nostre ricerche, dall'estensione delle conoscenze particolari del singolo. Abbiamo riscontrato che coloro che più sanno sono i più pessimisti.

Questo dunque è il problema che vi presentiamo, netto, terribile e inevitabile: dobbiamo porre fine alla razza umana oppure l'umanità dovrà rinunciare alla guerra?

È arduo affrontare questa alternativa poiché è così difficile abolire la guerra. L'abolizione della guerra richiederà spiacevoli limitazioni della sovranità nazionale, ma ciò che forse più che ogni altro elemento ostacola la comprensione della situazione è il fatto che il termine [umanità] appare vago e astratto, gli uomini stentano a rendersi conto che il pericolo è per loro, per i loro figli e loro nipoti e non solo per una generica e vaga umanità.

È difficile far sì che gli uomini si rendano conto che sono loro individualmente ed i loro cari in pericolo imminente di una tragica fine.

E così sperano che forse si possa consentire che le guerre continuino purchè siano vietate le armi moderne. Questa speranza è illusoria.

Per quanto possano essere raggiunti accordi in tempo di pace per non usare le bombe all'idrogeno, questi accordi non saranno più considerati vincolanti in tempo di guerra ed entrambe le parti si dedicheranno a fabbricare bombe all'idrogeno non appena scoppiata una guerra, perché se una delle parti fabbricasse le bombe e l'altra no, la parte che le ha fabbricate risulterebbe inevitabilmente vittoriosa.

Sebbene un accordo per la rinuncia alle armi nucleari nel quadro di una riduzione generale degli armamenti non costituirebbe una soluzione definitiva, essa servirebbe ad alcuni importanti scopi.

In primo luogo ogni accordo fra Est e Ovest è vantaggioso in quanto tende a diminuire la tensione internazionale. In secondo luogo l'abolizione delle armi termonucleari se ognuna delle parti fosse convinta della buona fede dell'altra, diminuirebbe il timore di un attacco improvviso del tipo di Pearl Harbour che attualmente tiene entrambe le parti in uno stato di apprensione nervosa.

Saluteremo perciò con soddisfazione un tale accordo, anche se solo come un primo passo. La maggior parte di noi non è di sentimenti neutrali, ma come esseri umani dobbiamo ricordare che perché le questioni fra Est ed Ovest siano decise in modo da dare qualche soddisfazione a qualcuno, comunista o anticomunista, asiatico, europeo o americano, bianco o nero, tali questioni non devono essere decise con la guerra.

Desideriamo che ciò sia ben compreso sia in oriente che in occidente. Se vogliamo, possiamo avere davanti a noi un continuo progresso in benessere, conoscenze e saggezza. Vogliamo invece scegliere la morte perché non siamo capaci di dimenticare le nostre controversie?

Noi rivolgiamo un appello come esseri umani ad esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se sarete capaci di farlo vi è aperta la via di un nuovo Paradiso, altrimenti è davanti a voi il rischio della morte universale.

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