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Il 5 marzo 1876 nasce il Corriere della Sera

A tre lustri dalla nascita del Regno d'Italia, la Destra storica, erede di Cavour ed espressione della borghesia liberale, si avviava ormai alla sconfitta elettorale dopo aver guidato la fase di completamento dell'unità e di organizzazione della macchina statale. La pesante politica fiscale, finalizzata al raggiungimento del pareggio di bilancio, fu fatale al governo Minghetti, la cui caduta aprì la strada alla sinistra storica con Agostino Depretis.

In questo scenario, Torelli Viollier cercò di intercettare le istanze della destra moderata e tradurle in un nuovo organo di stampa, che fungesse da strumento di dialogo costruttivo con la Sinistra. Insieme a tre soci e con un investimento iniziale di 30mila lire avviò la sua impresa editoriale, fissando la sede in un luogo simbolo della borghesia milanese: la Galleria Vittorio Emanuele. Qui lavorava un team ridotto, tre redattori e quattro operai, che curava tutti i contenuti da sé, non potendo contare su inviati.

Per il nome si trovò più in linea con i tempi la dicitura Corriere (rispetto alle abusate Gazzetta, Avvisatore, Eco), associata all'espressione della Sera perché era previsto che uscisse il pomeriggio. Il numero di lancio che uscì il 5 marzo 1876 (148 anni fa) si presentava in "prima" con il suddetto editoriale che riassumeva l'anima politica della testata nella formula «conservatori e moderati». Ai piedi della stessa pagina la prima puntata di un romanzo d’appendice, L’incendiario di Elie Berthet.

In seconda spazio alla cronaca (tra cui la notizia di una drammatica morte sul lavoro di un operaio di Torino, tranciato da un treno) e alle analisi politiche e, in basso, alla rubrica "ciarle del curioso", in cui si descrivevano le piante carnivore. La cronaca milanese insieme agli spettacoli, alle notizie di borsa e all'estrazione del lotto occupavano la terza pagina. Sempre qui si riportava una circolare ministeriale emblematica del clima di conflitto tra Regno d'Italia e Chiesa romana, giacché si invitavano i prefetti a sorvegliare sui quaresimali pronunciati nelle chiese.

L'introduzione di telegrafo e rotativa fece schizzare le copie dalle 7mila del 1878 alle 60mila del 1889. La stagione d'oro coincise con l'inizio del nuovo secolo e con Luigi Albertini nominato direttore responsabile dal gruppo Crespi, nuovo proprietario del giornale. In sei anni le vendite raddoppiarono da 75mila a 150mila, assegnando al Corriere il primato di quotidiano italiano più diffuso. Tra le ragioni del successo la comparsa di periodici collegati, come La Domenica del Corriere e il Corriere dei Piccoli.

In quegli anni, lasciarono la propria firma sul Corriere i più illustri esponenti della cultura nazionale: da Giosuè Carducci a Gabriele D'Annunzio, da Benedetto Croce a Luigi Pirandello, passando per Grazia Deledda. Nel 1904 la Redazione fu trasferita in un palazzo progettato dall'architetto Luca Beltrami, in via Solferino, che divenne da allora la sede storica. L'interesse per la Prima guerra mondiale permise di sfondare il muro delle 600mila copie nel 1920.

Dopo gli anni difficili della censura fascista, il Dopoguerra vide la testata cambiare nome due volte, da Corriere d'Informazione nel '45-'46, a Nuovo Corriere della Sera nel '46-'59, fino al recupero della originaria dicitura. Il ventennio '60-'70 fu caratterizzato da grandi figure di inviati come Indro Montanelli e Oriana Fallaci. Dopo questo periodo cominciò la sfida infinita con la Repubblica di Eugenio Scalfari, nel contendersi il ruolo di primo quotidiano italiano.

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