Per il pubblico americano, nel primo decennio postbellico, il cinema italiano ebbe un volto e un nome precisi: Vittorio De Sica. L'attore e regista ciociaro aveva guadagnato la prestigiosa ribalta degli Academy Awards, primo italiano a farlo, con due insuperabili capolavori come "Sciuscià" (1946) e "Ladri di biciclette" (1948), che gli meritarono in seguito il riconoscimento di padre del neorealismo cinematografico.
In quegli stessi anni, sul palcoscenico italiano nasceva una nuova stella che per la sua verve tipicamente romanesca, era ormai nota più con il soprannome di Nannarella che con il suo vero nome. Dopo gli esordi a teatro e con ruoli secondari sullo schermo, nel 1941 la Magnani ottenne i primi consensi grazie allo stesso De Sica, che la scelse come coprotagonista in Teresa Venerdì.
Il successo internazionale arrivò quattro anni dopo con la straordinaria interpretazione di Pina nel capolavoro neorealista di Roberto Rossellini (che le fu compagno di vita per un periodo), Roma città aperta, per il quale ottenne il Nastro d'argento come "miglior attrice non protagonista". Il ruolo principale in Bellissima (1951), del grande Luchino Visconti, le spalancò definitivamente le porte di Hollywood.
A pensare per primo a lei fu lo sceneggiatore Tennessee Williams, popolarissimo negli USA per il dramma teatrale Un tram chiamato desiderio, portato sullo schermo da Elia Kazan. Williams buttò giù la sceneggiatura di un film dal titolo "La rosa tatuata", pensando alla star romana nel ruolo della protagonista. D'accordo con il regista Daniel Mann le proposero la parte e quest'ultima accettò, pur tra mille tentennamenti legati agli affetti familiari e al suo attaccamento alla quotidianità di Roma.
Iniziò le riprese nei panni di Serafina Delle Rose, giovane immigrata in America legata al marito Rosario, di professione camionista, da un rapporto di profonda devozione. La tragica morte dell'uomo segna il suo doloroso isolamento dal mondo esterno, in cui coinvolge anche la figlia e da cui si ridesta bruscamente quando viene a conoscenza della relazione extraconiugale del consorte. A quel punto decide di ritornare a vivere, aprendosi al corteggiamento di Alvaro (interpretato da Burt Lancaster), collega del marito.
Uscita nel 1955, la pellicola conquistò la platea statunitense e fece incetta di nomination (otto in tutto) all'edizione degli Oscar dell'anno seguente portando a casa tre statuette il 21 marzo 1956 (68 anni fa): "miglior fotografia", "miglior sceneggiatura" e "miglior attrice protagonista". Un riconoscimento quest'ultimo che consacrò Anna Magnani tra i grandi del cinema di allora, vincendo la concorrenza di vere e proprie eroine nazionali, del calibro di Susan Hayward e Katharine Hepburn.
Avvertita al telefono della sua nomination, Nannarella, anti-diva per eccellenza, pensò subito a uno scherzo e non vi diede alcun peso, rinunciando a partecipare alla grande "notte di Los Angeles". Quando un giornalista americano, alle cinque di mattina, le annunciò al telefono di essere entrata nella storia come prima attrice italiana a ricevere l'Oscar, non credette alle sue orecchie. Prese coscienza che era tutto vero solo quando Marisa Pavan, coprotagonista nel film, le portò la statuetta che aveva ritirato al posto suo.
Premiata per lo stesso ruolo con un Bafta, come attrice internazionale dell'anno, e con un Golden Globe, come migliore attrice in un film drammatico, Anna Magnani sfiorò la seconda statuetta quando fu scelta da De Sica come protagonista della Ciociara, parte che rifiutò e che venne poi affidata a Sofia Loren. Fu quest'ultima a vincere l'Oscar nel 1962 e ancora oggi lei e la Magnani sono le uniche attrici italiane insignite del prestigioso premio.