Dario Fo
(Sangiano, 24 marzo 1926 - Milano, 13 ottobre 2016)
È stato un drammaturgo, attore, scrittore, paroliere e scenografo italiano.
Vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1997.
Aforismi di Dario Fo
- Il riso è sacro. Quando un bambino fa la prima risata è una festa. Mio padre, prima dell'arrivo del nazismo, aveva capito che buttava male; perché, spiegava, quando un popolo non sa più ridere diventa pericoloso.
- Dato che esistono oratori balbuzienti, umoristi tristi, parrucchieri calvi, potrebbero anche esistere politici onesti.
- La vita è una meravigliosa occasione fugace da acciuffare al volo tuffandosi dentro in allegra libertà.
- Come diceva Orson Welles, per avere materiale sempre nuovo basta affidarsi alla cronaca.
- Dite: "Com'è triste Venezia"? Si vede che non avete mai visto Monfalcone.
- La risata, il divertimento liberatorio sta proprio nello scoprire che il contrario sta in piedi meglio del luogo comune, anzi è più vero o, almeno, più credibile.
- La cultura non si può ottenere se non si conosce la propria storia.
- Siamo veramente in una nazione orrenda, io spero che sia soltanto un sogno, un orrendo sogno che stiamo facendo tutti quanti [... ] Dobbiamo farci capire, e soprattutto far intendere che siamo scocciati al limite e che così non accettiamo si vada avanti.
- Abbiamo perso l’indignazione, la dignità, la coscienza, l’orgoglio di essere persone che hanno inventato la civiltà. Siamo degli ingiusti che se ne fregano della giustizia. Cosa lasciamo ai nostri figli?
- Certe volte, un incidente serve per sopravvivere se lo sfrutti con intuito creativo. L’intelligenza, madre della genialità, ti porta a fare attenzione a tutto quello che ti succede attorno
- Siamo un Paese di disinformati che continua tranquillamente a voler dimenticare tutto quello che succede e metterlo sotto i piedi.
- Un uomo che non partecipa alla vita della comunità, che si estranea, è un morto che cammina. Ci sono tante persone, anche giovani, che tirano a campare. Questa è una società che non ti dà più stimoli. Vedere persone che si lasciano comprare, che leccano i piedi e accettano mortificazioni pur di stare a galla. È così che uno muore perché ha sposato l’ovvio, il banale.